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DAL VENTO E DAL MARE

I Sea Shanties

Con il termine sea shanty, anche nelle grafie chanty e chantey, si intende attualmente il canto marinaresco in generale, sebbene per un lungo periodo, a partire dalle prime attestazioni risalenti alla metà del XIX secolo, tale definizione sia stata utilizzata esclusivamente per alcune tipologie di canto di lavoro. Ovviamente, il repertorio di riferimento esisteva già prima dell’emergere del vocabolo che oggi lo identifica, tanto che testimonianze di canti di marinai sono da sempre presenti nella letteratura europea e poi nord-americana, caratterizzandosi per la continuità diatopica e diacronica del genere, nonché per lo sviluppo pressoché omogeneo in tutte le lingue parlate nel mondo occidentale. Si hanno, così, canti marinareschi in inglese, gaelico, bretone, francese, portoghese e italiano, ma anche in castigliano e catalano, tedesco e nelle varie lingue scandinave. Assai diffusi, soprattutto in Italia, sono i testi in dialetto.

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Etimologia e attestazioni del termine

È possibile collocare l’origine etimologica del vocabolo shanty, innanzitutto nelle varianti chanty e chantey, nella voce francese chant (a sua volta derivata dal tardo latino cantare) e poi resa per iscritto nel modo più conveniente a seconda delle pronunce locali – da cui la grafia shanty, appunto.

A Charles Nordhoff è attribuito il primo uso di tale vocabolo (seppur in forma di verbo e non di sostantivo) nella descrizione dell’attività detta cotton-screwing, consistente nel comprimere il cotone dentro la stiva delle navi utilizzando una sorta di martinetto, o jackscrew, per avvolgere e spingere le balle. Tale lavoro era accompagnato solitamente dal canto degli stivatori [1]: “Il canto, o chanting come viene chiamato, è un accompagnamento costante alla lavorazione del cotone, e molte delle squadre di lavoro con il martinetto (jackscrew) hanno una interminabile collezione di canzoni, rozze e grezze sia nelle parole che nella melodia, ma ben adatte all’obiettivo di far spingere tutti insieme, animando la pesante fatica. Il caposquadra è lo chanty-man, che canta le canzoni, mentre la squadra si unisce soltanto nei ritornelli, che si trovano alla fine di ogni verso, e alla fine dei quali si riprende a spingere sulle maniglie del martinetto. Una canzone generalmente è sufficiente per ritirare il martinetto, quando una nuova partita è collocata sopra la balla, e si comincia una nuova canzone.

I chants, come si può supporre, hanno più rima che senso. Le melodie sono generalmente piane e monotone, come lo sono la maggior parte dei canti al cabestano dei marinai, ma risuonando al di sopra delle placide acque della Baia, avevano un bell’effetto”.

Una delle prime attestazioni del termine nel significato proprio di “canto” si trova in un volume autobiografico del 1867 di George Edward Clark [2], il quale scrive [3]: “L’ancora giunse alla prua con i chanty “Oh, Riley, Oh” e “Carry me Long”, e il rimorchiatore ci guidò fino al molo a Brooklyn”. In questo modo, inoltre, risultano documentati due noti sea shanties, Oh, Riley, Oh e Carry me Long. Ancora, ad ulteriore conferma dell’uso di tale vocabolo, lo stesso Clark ne fa uso in un altro passo della sua opera [4]: “Fu intonato l’allegro chanty, e fu udito al di sopra dell’urlo della tempesta”. Infine, il ruolo del “chanty man”, ovvero del marinaio addetto ad intonare i canti di lavoro, è testimoniato nel medesimo volume [5], così come “chanty gang” [6] o “chanty men” [7] sono definiti gli stivatori, probabilmente per la loro abitudine di cantare durante lo svolgimento dei loro compiti.

 

[1] - NORDHOFF, C. (1855), The Merchant Vessel. Cincinnati, Ohio (USA), Moore, Wilstach, Keys & Company. Ed. NORDHOFF, C. (1884), The Merchant Vessel: a sailor’s-boy voyage to see the world. New York, New York (USA), Dodd, Mead & Company, p. 36.

[2] - CLARK, G. E. (1867), Seven Years of a Sailor’s Life. Boston, Massachusetts (USA), Adams & Company,

[3] - CLARK, G. E. (1867), Seven Years of a Sailor’s Life. Boston, Massachusetts (USA), Adams & Company, p. 165.

[4] - CLARK, G. E. (1867), Seven Years of a Sailor’s Life. Boston, Massachusetts (USA), Adams & Company, p. 312.

[5] - CLARK, G. E. (1867), Seven Years of a Sailor’s Life. Boston, Massachusetts (USA), Adams & Company, p. 349.

[6] - CLARK, G. E. (1867), Seven Years of a Sailor’s Life. Boston, Massachusetts (USA), Adams & Company, p. 41.

[7] - CLARK, G. E. (1867), Seven Years of a Sailor’s Life. Boston, Massachusetts (USA), Adams & Company, p. 44.

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Il Complaynt of Scotland

Dal punto di vista storico, i primi sea shanties di cui si abbia notizia certa sono contenuti nel Complaynt of Scotland, un testo di propaganda edito nel 1549 durante la guerra fra Scozia e Inghilterra nota come Rough Wooing (“Brutale Corteggiamento”), combattuta fra il 1543 e il 1551 e provocata dalla pretesa di Enrico VIII di far maritare Maria Stuarda con il proprio figlio Edoardo, nonostante la contraria volontà della corona scozzese. Il pamphlet si presenta come una raccolta disomogenea di storie e leggende, racconti biblici e ballate, con il fine di sottolineare la differenza fra scozzesi e inglesi (a favore dei primi) – a partire innanzitutto dalla religione e, conseguentemente, investendo quasi ogni aspetto della cultura e della società.

Nel libello sono presentati quattro sea shanties di incerta origine, la cui lingua segna il passaggio dal Middle English all’Early Modern English, pur con assai marcate influenze francesi – residuo della dominazione normanna in Inghilterra – e latine (anche filtrate attraverso le lingue romanze).

I canti sono intervallati da indicazioni pratiche su come dovevano essere intonati, verosimilmente in alternanza fra un “maestro” (master) e la ciurma (marynalis). Il primo testo appare analogo agli short-haul shanties, utilizzati durante l’attività all’argano: non è un caso che proprio il verbo “virare” (veyra, ma anche vayra in altre trascrizioni) sia reiterato nei primi versi, accompagnato da altri comandi propri del lavoro al cabestano.

Interessanti sono alcuni vocaboli presenti nei due versi conclusivi, che palesemente rimandano ad una tradizione affermata e, soprattutto, documentata nei secoli successivi, ovvero quella di terminare il canto con l’incitamento ad “issare” un qualcosa, identificato con un pronome personale maschile o femminile (e mai neutro, come ci si aspetterebbe) e sempre all’interno di uno schema metrico ben preciso, che doveva corrispondere ai gesti da compiere e al ritmo di lavoro da mantenere nella fase finale dell’operazione.

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Il testo dei canti, la cui musica non è conservata, è il seguente, riportato con le relative introduzioni presenti nel testo originale e senza punteggiatura secondo quanto attestato:

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veyra veyra veyra veyra 
gentil gallandis gentil gallandis 
veynde i see hym veynd i see hym 
pourbossa pourbossa 
hail al ande ane hail al and ane 
hail hym vp til vs hail hym vp til vs

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than quhen the ankyr vas halit vp abufe the vattir ane marynel cryit and al the laif follouit in that sam tune

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caupon caupona caupon caupona 
caupun hola caupun hola 
caupun holt caupon holt 
sarrabossa sarrabossa 

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than thai maid fast the schank of the ankyr and the maistir quhislit and cryit tua men abufe to the foir ra cut the raibandis and lat the foir sail fal hail doune the steir burde lufe harde a burde hail eftir the foir sail scheit hail out the bollene than the master quhislit ande cryit tua men abufe to the mane ra cut the raibandis and lat the mane sail and top sail fal hail doune the lufe close aburde hail eftir the mane sail scheit hail out the mane sail boulene than ane of the marynalis began to hail and to cry and al the marynalis ansuert of that samyn sound 

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hou hou
pulpela pulpela
boulena boulena
darta darta 
hard out steif hard out steif 
afoir the vynd afoir the vynd 
god send god send fayr vedthir [f33r] fayr vedthir 
mony pricis mony pricis 
god foir lend god foir lend 
stou stou 
mak fast & belay 

than the master cryit and bald renze ane bonet vire the trossis nou heise than the marynalis began to heis vp the sail cryand

heisau heisau
vorsa vorsa 
vou vou 
ane lang draucht ane lang draucht 
mair maucht mair maucht 
zong blude zong blude 
mair mude mair mude 
alse flasche false flasche 
ly a bak ly a bak 
ang suak lang suak 
that that that that 
thair thair thair thair 
zallou hayr zallou hayr 
hips bayr hips bayr 
til hym al til hym al 
viddefullis al viddefuls al 
grit and smal grit and smal 
ane and al ane and al 
heisau heisau 
nou mak fast the theyrs 

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than the master cryit top zour topinellis hail on zour top sail scheitis vire zour liftaris and zour top sail trossis & heise the top sail hiear hail out the top sail boulene heise the myszen and change it ouer to leuart hail the linche and the scheitis hail the trosse to the ra than the master cryit on the rudir man mait keip ful and by a luf cumna hiear holabar arryua steir clene vp the helme this and so


than quhen the schip vas taiklit the master cryit boy to the top schaik out the flag on the top mast tak in zour top salis [f33v] and thirl them pul doune the nok of the ra in daggar vyise marynalis stand be zour geyr in taiklene of zour salis euery quartar master til his auen quartar boitis man bayr stanis & lyme pottis ful of lyme in the craklene pokis to the top and paueis veil the top vitht pauesis and mantillis gunnaris cum heir & stand by zour artailzee euyrie gunnar til his auen quartar mak reddy zour cannons culuerene moyens culuerene bastardis falcons saikyrs half saikyrs and half falcons slangis & half slangis quartar slangis hede stikkis murdresaris pasuolans bersis doggis doubil bersis hagbutis of croche half haggis culuerenis ande hail schot ande ze soldartis & conpangzons of veyr mak reddy zour corsbollis hand bollis fyir speyris hail schot lancis pikkis halbardis rondellis tua handit sourdis and tairgis

than this gaye galliasse beand in gude ordour sche follouit fast the samyn schip that the botis man hed sene and for mair speid the galliasse pat furtht hir stoytene salis ande ane hundretht aris on euerye syde the master gart al his marynalis & men of veyr hald them quiet at rest be rason that the mouyng of the pepil vitht in ane schip stoppis hyr of [f34r] hyr faird of this sort the said galiasse in schort tyme cam on vynduart of the tothir schip

than eftir that thai hed hailsit vthirs thai maid them reddy for battel than quhar i sat i hard the cannons and gunnis mak mony hiddeus crak duf duf duf duf duf duf the barsis and falcons cryit tirduf tirduf tirduf tirduf tirduf tirduf than the smal artailze cryit tik tak tik tak tik tak tik tak the reik smeuk and the stink of the gun puldir fylit al the ayr maist lyik as plutois paleis hed been birnand in ane bald fyir quhilk generit sik mirknes & myst that i culd nocht see my lyntht about me quhar for i rais and returnit to the fresche feildis that i cam fra

I Musicisti
 

TRI MARTOLOD

​Leonardo Gerino: Voce, Bastone della Pioggia, Shaker, Flauto Dolce

Francesca Giglio: Voce

Giorgio Odazio: Voce

Arianna Radicioni: Voce

Daniele Margaglio: Chitarra Classica

Rolando Tancredi: Chitarra Classica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Fabio Valeri: Flauto Traverso

Elisa Barile: Violino

Roberto Petruccio: Fisarmonica, Chitarra Basso

Errico Girometta: Cajon

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LE GRAND COUREUR

​Leonardo Gerino: Voce, Pianoforte, Flauto Dolce, Tamburi a Cornice

Francesca Giglio: Voce

Giorgio Odazio: Voce

Daniele Margaglio: Chitarra Classica, Cori

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica, Cori

Fabio Valeri: Flauto Traverso

Elisa Barile: Violino

Roberto Petruccio: Fisarmonica, Chitarra Acustica

Errico Girometta: Cajon, Rullante

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SANTY ANNO

​Leonardo Gerino: Voce

Francesca Giglio: Voce

Giorgio Odazio: Voce

Daniele Margaglio: Chitarra Acustica

Rolando Tancredi: Chitarra Classica

Arianna Radicioni: Tamburi a Cornice

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THE ATHOLL HIGHLANDERS

​Leonardo Gerino: Bodhràn

Roberto Petruccio: Fisarmonica

Daniele Margaglio: Chitarra Acustica

Rolando Tancredi: Chitarra Classica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Luca Congedo: Tin Whistle

Elisa Barile: Violino

Errico Girometta: Rullante

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ROLLING DOWN TO OLD MAUI

​Leonardo Gerino: Cori, Pianoforte, Chitarra Acustica

Francesca Giglio: Voce

Giorgio Odazio: Voce

Alessandro Orfei: Voce

Daniele Margaglio: Chitarra Classica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica, Cori

Luca Congedo: Flauto Traverso

Elisa Barile: Violino

Roberto Petruccio: Fisarmonica

Alberto Proietti Gaffi: Cajon, Heck Stick, Crash

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THE KING OF THE FAIRIES

​Daniele Margaglio: Chitarra Acustica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Luca Congedo: Flauto Traverso, Tin Whistle

Elisa Barile: Violino

Roberto Petruccio: Fisarmonica

Alberto Proietti Gaffi: Cajon

Federica Petermann: Heavy Shoes

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THE COONEY'S REEL

​Leonardo Gerino: Pianoforte

Arianna Radicioni: Tamburi a Cornice

Daniele Margaglio: Chitarra Acustica

Rolando Tancredi: Chitarra Classica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Fabio Valeri: Low Whistle

Luca Congedo: Tin Whistle

Elisa Barile: Violino

Roberto Petruccio: Fisarmonica

Alberto Proietti Gaffi: Cajon

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CAPE COD GIRLS

​Leonardo Gerino: Voce, Scrapbox&Doors, Lids, Stand

Francesca Giglio: Voce

Giorgio Odazio: Voce

Daniele Margaglio: Chitarra Acustica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Luca Congedo Flauto Traverso

Roberto Petruccio: Fisarmonica, Chitarra Acustica, Chitarra Basso

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WILLIE TAYLOR

​Leonardo Gerino: Tom, Shaker

Elisa Barile: Violino, Voce

Francesca Giglio: Voce

Giorgio Odazio: Voce

Daniele Margaglio: Chitarra Classica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Luca Congedo: Flauto Traverso

Roberto Petruccio: Fisarmonica, Chitarra Basso

Alberto Proietti Gaffi: Cajon

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DRUNKEN SAILOR

​Leonardo Gerino: Voce, Pianoforte, Tamburi a Cornice, Tom

Francesca Giglio: Voce

Giorgio Odazio: Voce

Alessandro Orfei: Voce, Chitarra Acustica

Daniele Margaglio: Chitarra Classica

Luca Congedo: Flauto Traverso, Flauto Dolce

Elisa Barile: Voce

Roberto Petruccio: Fisarmonica, Armonica a Bocca, Chitarra Acustica

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THE FERMOY LASSES REEL

​Leonardo Gerino: Pianoforte, Tamburi a Cornice

Daniele Margaglio: Chitarra Acustica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Luca Congedo: Tin Whistle

Fabio Valeri: Low Whistle

Elisa Barile: Violino

Roberto Petruccio: Fisarmonica

Alberto Proietti Gaffi: Cajon, Shaker

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LES FILLES DE LORIENT

​Leonardo Gerino: Pianoforte, Shaker, Crash

Giorgio Odazio: Voce

Daniele Margaglio: Chitarra Classica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Luca Congedo: Flauto Traverso

Roberto Petruccio: Fisarmonica, Chitarra Basso, Pianoforte

Alberto Proietti Gaffi: Cajon, Shaker, Crash

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SANTIANO

​Leonardo Gerino: Pianoforte, Voce, Flauto Dolce

Francesca Giglio: Voce

Giorgio Odazio: Voce

Daniele Margaglio: Chitarra Acustica

Rolando Tancredi: Chitarra Classica

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Elisa Barile: Violino

Roberto Petruccio: Fisarmonica, Chitarra Basso

Alberto Proietti Gaffi: Cajon, Thunder, Maracas

Errico Girometta: Batteria

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LU RUSCIU TE LU MARE

​Leonardo Gerino: Tamburi a Cornice, Chitarra Classica

Francesca Giglio: Voce

Giorgio Odazio: Voce, Guiro

Daniele Margaglio: Chitarra Acustica

Rolando Tancredi: Chitarra Classica, Voce

Giancarlo Serpietri: Chitarra Classica

Luca Congedo: Flauto Dolce

Elisa Barile: Violino

Roberto Petruccio: Fisarmonica

Alberto Proietti Gaffi: Cajon

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I brani

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Tri Martolod

Tri Martolod è una ballata bretone che non rappresenta un sea shanty in senso stretto, non avendo funzione di guidare e ritmare il lavoro, ma essendo piuttosto da annoverarsi fra i canti marinareschi per l’argomento trattato e l’andamento metrico/ritmico proprio, fra le altre rappresentazioni di questo genere, anche delle barcarole italiane. Il brano data al XIX secolo o forse anche prima ed è nato nella Bassa Bretagna, ovvero l’area più a ovest – e più direttamente legata al mare – della penisola francese. È da annoverarsi fra i cosiddetti Kantikoù, cioè le ballate.

Documentata dal musicologo e ricercatore Polig Monjarret (1920-2003), sebbene nella variante Tri-ugent martolod (60 marinai) [1] e solo successivamente come Tri Martolod, la ballata è stata resa famosa da Alan Stivell, che l’ha riarrangiata nel 1972. È stata annoverata fra i canti tradizionali bretoni più importanti nella raccolta Kanomp Uhel! edita dalla Coop Breizh [2], Impresa Culturale della Bretagna con l’obiettivo di promuovere e valorizzare la cultura locale [3].

 

[1] - AA.VV. (1968), Sonioù Pobl.  Morlaix, Skol Vreizh. Si tratta di una pubblicazione edita dalla École Bretonne legata all’organizzazione Ar Faiz.

[2] - AA.VV. (1996), Kanomp Uhel!. Lorient, Coop Breizh.

[3] - Cfr. Coop Breizh. Disponibile all’indirizzo http://www.coop-breizh.fr/.

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Le Grand Coureur

Chanson à virer di area bretone, probabilmente risalente al XVII secolo (sebbene non nella variante tradita fino ai nostri giorni), racconta la storia di una nave corsara particolarmente sfortunata. La clausola finale di ogni strofa (allons le gars gai gai/allons le gars gaiement!) rimanda alla gestualità necessaria per virare (girare) l’argano.

La prima pubblicazione risale, tuttavia, ad un’epoca decisamente successiva rispetto a quella di composizione del canto, che compare inizialmente nel 1842 in La France Maritime [1], sebbene in una versione ridotta, e poi nel 1937 nel volume Émbarque… garçon [2].

 

[1] - GREHAN. A. (1837-1842), La France Maritime. Parigi, Postel, vol. 3, pp. 245-246. Il volume è interamente consultabile sul sito web di Hathi Trust Digital Library all’indirizzo https://catalog.hathitrust.org/Record/000453455.

[2] - AA.VV. (1937), Émbarque… garçon. Cadix, Editions La Hutte

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Santy Anno o Santiano o Santianna

Short-haul shanty inglese, ma di possibile origine bretone. La grafia del titolo è variabile a seconda dell’area geografica di attestazione del canto, in quanto coesistono almeno tre varianti: Santy Anno per la versione anglo-americana, Santianna per un riadattamento durante la guerra messicano-statunitense e infine Santiano per la più recente traduzione francese.

Sant’Anna è assai venerata in Bretagna, ove sorge il santuario di Saint-Anne-d’Auray, secondo luogo di pellegrinaggio in Francia dopo il santuario di Lourdes; inoltre, il suo culto è particolarmente diffuso fra i marinai e i pescatori bretoni [1], perciò il nome di Sainte Anne potrebbe ben spiegare l’origine della parola nonsense Santiano. Non vi è però attestazione del brano in bretone né in francese (almeno prima del XX secolo), pertanto si può supporre che la versione originale, attraversata la Manica, sia filtrata nella marina britannica e sia stata successivamente esportata in America del Nord.

In lingua inglese sono attestate invece due versioni, molto diverse fra loro se si eccettuano alcuni versi comuni – quelli che rendono Santiano uno short-haul shanty. La variante più diffusa è un canto affermatosi durante la guerra messicano-americana contro il generale Antonio López de Santa Anna [2]: questa, tuttavia, non può rappresentare la prima versione del brano in quanto sembra piuttosto essere un adattamento di un precedente canto, ispirato quasi sicuramente dall’assonanza fra il refrain e il nome del militare e uomo politico messicano. Ne è prova la probabile coesistenza di un canto omonimo di argomento marinaresco, che con il primo condivide il ritornello, ma racconta una storia relativa alla Gold Rush (la Corsa all’Oro) della California.

Nel momento in cui Santy Anno fu raccolta e documentata, però, le due versioni dovevano evidentemente già essersi fuse assieme, poiché Alan Lomax riporta il testo e la partitura di un lungo brano che tratta tanto della Corsa all’Oro quanto della guerra messicano-americana [3]. Irwin Silber rileva come la canzone sia stata raccolta originariamente nel 1935 e poi riadattata e riarrangiata proprio da Lomax [4], quindi non è da escludersi la presenza di più varianti – sembra anzi probabile che, in principio, il brano sia nato proprio come sea shanty per le considerazioni di cui sopra.

Ulteriori versioni in inglese sono da considerarsi spurie, pur trattando tematiche di ambito marinaresco, mentre risulta particolarmente interessante la traduzione in francese di Jacques Plante sull’aria tradizionale, resa celebre dal cantautore Hugues Aufray, che l’ha incisa nel 1961. Si tratta chiaramente di un arrangiamento non più adatto al lavoro al cabestano, quanto piuttosto destinato all’ascolto [5].

 

[1] - BRAVETTA, E. (1908), Le leggende del mare e le superstizioni dei marinai. Milano, Fratelli Treves Editori, p. 29.

[2] - SHAY, F. (1948), American Sea Songs & Chanteys. New York, New York (USA), W. W. Norton, p. 79. Il brano è catalogato anche nel Roud Folksong Index della Vaughan William Memorial Library con il numero 207: cfr. http://www.vwml.org.uk/record/RoudFS/S220733.

[3] - LOMAX, A. (1941), Our Singing Country. New York, New York (USA), The Macmillan Company. Per l’opera consultata, si rimanda alla seguente edizione: LOMAX, A. [2000], Our Singing Country. New York, New York (USA), Dover Publications, pp. 206-208.

[4] - SILBER, I. (1967), Songs of the Great American West. New York, New York (USA), Dover Publications, p. 52.

[5] - Sembra anzi che il brano sia stato scritto per celebrare la goletta a tre alberi Bel Espoir II, sebbene tale affermazione non possa essere supportata da adeguate referenze bibliografiche. Per una breve storia della canzone, cfr. LECOEUVRE, F. (2015), Le Petit Lecoeuvre Illustré: Dictionnaire. Histoire des chanson de A à Z. Monaco, Éditions du Rocher, pp. 439-440. Per l’opera di Jacques Plante, cfr. BLAIS, F. (2004-2015), Plante, Jacques in Les Auteurs et Compositeurs de la Chanson Francophone. Disponibile a questo indirizzo.

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The Atholl Highlanders

Composta come marcia per il reggimento degli Atholl Highlanders, l’esercito privato del Duca di Atholl, è una marcia scozzese tradizionale in 6/8. Il vocabolo Atholl deriva dal gaelico ath Fodla, generalmente tradotto con Nuova Irlanda, risalente all’invasione della Scozia da parte delle tribù irlandesi del VII secolo.

Il battaglione degli Atholl Highlanders, costituito nel 1778 e corrispondente all’antico 77th Highland Regiment, partecipò a diverse azioni in Irlanda, venendo destinato al servizio di guarnigione fino al 1783, quando venne sciolto. La melodia del loro inno fu successivamente acquisita dal 90th Light Infantry Regiment, noto anche come Second Battalion of the Cameronians e in seguito associata alla danza chiamata The Duke of Gordon’s Reel (nonostante il brano sia una Jig).

La prima attestazione scritta della melodia si ha nel tutorial per uillean pipes di Henry Colclough, datato attorno al 1830 [1] e poco dopo nel volume di Jane Morison Highland Airs and Quicksteps [2].

 

[1] - COLCLOUGH, H. (1830 circa), Tutor for the Irish Union Pipes. Cfr.: Highland Fabrick in The Traditional Tune Archive. Disponibile all’indirizzo http://tunearch.org/wiki/Highland_Fabrick.

[2] - MORISON, J. F. (1882), Highland Airs and Quicksteps. Il volume, che risulta edito dalla Highland Music Trust (cfr. Highland Music Trust. Disponibile all’indirizzo http://www.heallan.com/index.html) può essere scaricato gratuitamente sul sito della Petrucci Music Library (cfr. Petrucci Music Library. Disponibile a questo indirizzo.

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Rolling Down to Old Maui

Canto di balenieri, probabilmente delle Hawaii, che si recavano presso i ricchi banchi della Kamchatka, il brano esprime il desiderio e la nostalgia del ritorno a casa, preso l’isola di Maui.

È databile al XIX secolo, sebbene non vi siano attestazioni univoche del testo né della melodia. Nel 1867, Clark riporta di un canto intitolato We’re Homeward Bound, che chiaramente rimanda al ritornello di Rolling Down to Old Maui (we’re homeward bound/from the Arctic Ground/Rolling Down to Old Maui) [1]; inoltre, nel quaderno del marinaio George Piper è stato rinvenuto un canto estremamente simile dal titolo Rolling Down to Old Mohee [2] datato al 1866-1872, periodo in cui quest’ultimo ha navigato come baleniere; Joanna Colcord lo documentò nel 1924 [3].

 

[1] - CLARK, G. E. (1867), Seven Years of a Sailor’s Life. Boston, Massachusetts (USA), Adams & Company, p. 312.

[2] - CARR, J. R. (2014), Hawaiian Music in Motion: Mariners, Missionaries and Minstrels. Champaign, Illinois (USA), University of Illinois Press, p. 81.

[3] - COLCORD, J. (1924), Roll and Go: Songs of American Sailormen. Indianapolis, Indiana (USA), Bobbs-Merrill, p. 107.

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The King of the Fairies

Conosciuta con diversi nomi nel corso della storia, questa set dance è stata raccolta intorno al 1840 da John Edward Pigot in Irlanda e pubblicata da Patrick Weston Joyce nel 1909 [1]. Fa parte del patrimonio tradizionale irlandese ed è trattata come una Hornpipe o, più raramente, come una marcia.

 

[1] - JOYCE, P.W. (1909), Old Irish Folk Music and Songs. Dublino, Hodges, Figgis & Company, n° 690.

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Cooney's Reel

Nota anche come Cooley’s Reel, è una danza tradizionale irlandese. La grafia Cooney’s Reel è probabilmente da correggere in Cooley’s Reel se si accetta la paternità del musicista irlandese Joe Cooley (1924-1973); tuttavia, l’origine del brano è incerta e molti studiosi hanno attribuito la sua composizione ad altri autori, comunque di epoca più recente rispetto alla maggioranza delle danze tradizionali d’Irlanda. Fra i possibili autori, dunque, si ricordano John McGrath (1900-1955), violinista proveniente dalla Contea di Mayo e Joe Mills della Aughrim Slopes Céili Band [1], ma Charlie Piggott e Fintan Vallely sostengono piuttosto che la melodia sia stata raccolta da un ignoto suonatore di concertina intorno al 1940 [2].

Al momento, perciò, non è possibile identificare con certezza il compositore del brano, che risulta a tutti gli effetti di pubblico dominio vista la diffusione pressoché universale di cui gode.

 

[1] - Per una storia più esaustiva del brano, cfr. Cooley’s Reel in The Traditional Tune Archive. Disponibile a questo indirizzo.

[2] - VALLELY, F. – PIGGOTT, C. (1998), Blooming Meadows. Dublino, Town House.

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Cape Cod Girls

Canto di lavoro al cabestano conosciuto anche con il titolo di The Codfish Shanty. La penisola di origine glaciale di Cape Cod si trova in Massachusetts, presso l’omonima baia, e misura circa 880 kmq; per la sua posizione, fu uno dei primi territori scoperti e colonizzati dagli inglesi. Proprio a causa della sua conformazione, Cape Cod divenne tristemente noto per i numerosi naufragi che vi si verificarono, tanto che la penisola conta ben diciotto fari, il maggiore dei quali è l’Highland Light (o Cape Cod Light).

Cape Cod Girls è un canto di lavoro al cabestano conosciuto anche con il titolo di The Codfish Shanty. Dal punto di vista strettamente musicale, esso doveva essere intonato a cappella da un chanty man e trovare risposta nel coro dei marinai. Il brano è stato raccolto da Shay nel 1948 [1] ed è inserito nel Roud Folksong Index della Vaughan William Memorial Library con il numero 325 [2].

 

[1] - SHAY, F. (1948), American Sea Songs & Chanteys. New York, New York (USA), W. W. Norton, p. 84.

[2] - Roud Folksong Index della Vaughan William Memorial Library. Disponibile a questo indirizzo

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Willie Taylor

Canzone nota con diversi nomi – Billy Taylor, Bold William Taylor e William Taylor in primis – e in diverse versioni, che differiscono tanto nelle strofe iniziali quanto nell’esito finale dell’episodio narrato, ovvero le vicende di una giovane donna, il cui marito (o promesso sposo) viene arruolato di forza, la quale, imbarcatasi in incognito e scoperta, trova infine l’amato con una nuova compagna e, secondo la maggior parte delle varianti, gli spara.

Joseph Taylor incise una versione chiamata Bold William Taylor nel 1908 per Percy Grainger, che fu pubblicata solo nel 1972 nell’LP Unto Brigg Fair [1] e nel 1998 nell’antologia Tonight I’ll Make You My Bride [2]. Il brano è inserito nel Roud Folksong Index della Vaughan William Memorial Library con il numero 158 [3].

 

[1] - TAYLOR, J. et alii (1972), Unto Brigg Fair. Leader LEA, lato 2, traccia n°1.

[2] - AA. VV. (1998), Tonight I’ll Make You My Bride (The Voice of People Series, vol. 6). Topic Records, traccia n° 15.

[3] - Roud Folksong Index della Vaughan William Memorial Library. Disponibile all’indirizzo http://www.vwml.org/roudnumber/158.

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Drunken Sailor

Canto inglese di lavoro al cabestano, è noto sin dal XIX secolo e tradotto in lingua francese dal marinaio, giornalista e poeta Henry-Jacques nella prima metà del Novecento. Risulta attestato in numerose raccolte già dal 1909 [1] ed è inserito nel Roud Folksong Index della Vaughan William Memorial Library con il numero 322 [2].

 

[1] - Come riportato nel Roud Folksong Index della Vaughan William Memorial Library. Cfr. http://www.vwml.org/record/RoudFS/S337459.

[2] - Roud Folksong Index della Vaughan William Memorial Library. Disponibile a questo indirizzo.

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The Fermoy Lasses Reel

Reel tradizionale irlandese, pubblicato nel 1903 da Francis O’Neill [1] e noto con diversi nomi (Na Cailinide Ua Feara-Muige; The Connact Ranger, The Humours of Mackin, Off to Dublin, Wexford Reel) secondo il Traditional Tune Archive [2].

 

[1] - O’NEILL, F. (1903), Music of Ireland: 1850 Melodies. Autoprodotto, n° 1310, p. 246.

[2] - Traditional Tune Archive. The Fermoy Lasses. Disponibile all’indirizzo http://tunearch.org/wiki/Fermoy_Lasses_(The)].

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Les Filles de Lorient

Canto di marinai della Bassa Bretagna (Morbihan) di datazione incerta, parte del patrimonio tradizionale bretone in lingua francese. È presente, fra gli altri, nel volume Anthologie des Chants Populaire Français di Joseph Canteloube [1].

 

[1] - CANTELOUBE, J. (1951), Anthologie des Chants Populaire Français. Paris, Durand & Cie.

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Lu Rusciu te lu Mare

Canto tradizionale gallipolino di datazione incerta, presente in almeno tre versioni nel panorama musicale del Sud Italia. Sembra certo che l’originale fosse lento e malinconico, mentre la versione più veloce sia stata un adattamento di Luigi Cardigliano fra 1974 e il 1980 [1], sul quale tuttavia le informazioni scarseggiano [2].

L’interpretazione più diffusa è quella di un canto passionale; secondo Federico Capone, invece, Lu Rusciu te lu Mare, come canto tradizionale delle campagne salentine, racconta la storia di una ragazza condannata a perdere la verginità [3].

 

[1] - Cfr. Marina di Mancaversa. Lu Rusciu te lu Mare. Disponibile all’indirizzo http://www.mancaversa.it/pizzica_e_taranta/lu-ruscio-te-lu-mare/ e Immagina Salento. Lu Rusciu te lu Mare. Disponibile all’indirizzo http://www.immaginasalento.it/salento/pizzica-e-taranta/lu-rusciu-te-lu-mare.html.

[2] - Cfr. il sito web Oocities. Luigi Cardigliano. Disponibile all’indirizzo http://www.oocities.org/zisa_siena/subdir4.html. Il suo gruppo Taharma sembra scomparso dai motori di ricerca, se si esclude questa pagina: Oocities. Taharma. Disponibile all’indirizzo http://www.oocities.org/zisa_siena/subdir7.html.

[3] - CAPONE, F. (2011), Sata Terra. Autoprodotto, p. 24. Cfr. Cultura Salentina. Sata Terra. Disponibile all’indirizzo https://culturasalentina.files.wordpress.com/2011/03/sata-terra.pdf.

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